Palazzo Garampi

Sergio Morri, classe 1932, ha vissuto due dei più terribili bombardamenti che segnarono Rimini: quello del primo novembre del 1943, che lo sorprese in via Clodia, e quello del 28 di dicembre, quando si trovava nel centro della città. Gli occhi del bambino di allora rivedono ancora in maniera chiara e lucida ogni particolare di quegli episodi.

Palazzo Garampi
Era con la madre, che lavorava ancora nel pastificio all’angolo della vecchia Pescheria, il 28 di dicembre del 1943. Il proprietario dell’attività li trattenne lì al suono delle sirene e fu solo per questo che si salvarono. Videro le bombe cadere sul centro della città: le schegge impazzite dei detriti attraversavano la piazza. Fu quello il bombardamento che colpì il Teatro Galli e distrusse Palazzo Garampi.

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Anche il palazzo del Comune, detto palazzo Garampi dall’architetto che lo ricostruì nel 1687 dopo il terremoto del 1672, subì gravi danni dai bombardamenti che si abbatterono su Rimini il 28-29-30 dicembre 1943, in particolare venne colpita la parte oggi corrispondente alla residenza municipale.

Edificato da L. Carducci nel 1558 su disegno di S.Serlio, presenta una loggia di sette arcate e una facciata con due grandi balconi agli angoli e una nicchia con la Madonna della Misericordia in bronzo ispirata a Guido Reni.

Così descrive le distruzioni di quel bombardamento il commissario straordinario Ugo Ughi nella sua relazione del 2 gennaio 1944

Rimini è diventata una città morta: interrotte le comunicazioni ferroviarie, telegrafiche e telefoniche; spazzate tutte le tubazioni dell’acquedotto e le condutture elettriche ad eccezione della periferia a monte dell’aggregato urbano; reso difficile e in molte vie impossibile- il transito dell’accumulo delle macerie e dalle voragini delle esplosioni…

Semidistrutto è il municipio, edificio monumentale del ‘400; semidistrutto il teatro comunale…”

Questo palazzo appariva così danneggiato dai bombardamenti che il 23 settembre 1944  lo scrittore e partigiano Guido Nozzoli descrive così la sua città

“Quale città? Rimini non c’era più. Non esisteva una sola strada che si potesse percorrere da un capo all’altro neppure in bicicletta. Sulle macerie era cresciuta l’erba, e nei crateri aperti dai bombardamenti l’acqua stagnante s’era fatta putrida della piazza, verdastra. Dove emettere le mani? Dopo aver vagato da un quartiere all’altro tra le rovine, ci accantonammo al primo piano del palazzo che fa angolo tra via Sigismondo e piazza Cavour, e lì dormimmo cullati per tutta la notte dal rimbombo dei cannoni inglesi piazzati poco lontano.

In piazza Cavour è miserando lo spettacolo del Palazzo Garampi, il secondo dei palazzi del Comune sventrato fino a terra per l’estensione di tre quattro arcate a cominciare dall’angolo Nord Est che tuttavia è rimasto in piedi. Mi affaccio sull’atrio per esaminare il gran lapidone in onore del Garampi: è a terra in circa quattro pezzi come proiettato da un contraccolpo ricevuto dal muro meridionale.”

Testimonianza raccolta da B. Ghigi La guerra a Rimini e sulla linea gotica dal Foglia al Marecchia” Bruno Ghigi editore, 1980

Nei pressi di esso nel dopoguerra vengono collocati alcuni servizi per i cittadini che non avevano più punti di riferimento. Così Pietro Maioli racconta quel momento: “In un locale del comune, in piazza Cavour, il CLN aveva allestito un centro dove era possibile rifornirsi gratuitamente di generi alimentari, così ogni mattina ci recavamo presso questo centro e ci rifornivamo di ciò che era indispensabile per vivere. 

 

Testimonianza raccolta da B. Ghigi La guerra sulla linea gotica dal Metauro al Senio fino al Po  Bruno Ghigi editore 2003