Chiesa di San Nicolò

La chiesa è stata costruita nel 1863 sulle fondamenta di una precedente chiesa, demolita per dare spazio alla nuova costruzione. L’edificio religioso, essendo ubicato nelle immediate vicinanze della stazione ferroviaria, è stata gravemente danneggiato nel bombardamento del 27 novembre 1943; si salvano solo il campanile e la cappella maggiore.

Nel libro “La guerra a Rimini e sulla Linea Gotica” di Bruno Ghigi, è riportata la testimonianza del parroco Don Angelo Campana:

“… 27 novembre, io leggevo il breviario nella sala da pranzo. Il breviario è rimasto sotto alle macerie, il quadro della Madonna fortunatamente l’ho recuperato e quando è stato dato l’allarme, ho chiuso la porta e mettendomi in tasca la chiave ho pensato: chissà se questa chiave mi servirà ancora. Con la bicicletta sono andato da mio padre che, essendo di là del fiume, si pensava che i bombardamenti li facessero per la stazione e la non sarebbero arrivati. Invece, quando stavo per arrivare in casa da mio padre ho visto la prima formazione delle settanta, mi pare, fortezze volanti, tre per tre, che si buttavano in picchiata sulla stazione e ogni formazione sganciava le sue bombe e le ultime sono cadute proprio sulla terra di mio padre, al di là di quel punto non c’è stata nessun’altra bomba. Un bombardamento fatto proprio con i criteri del tappeto. La chiesa fu tutta bombardata, la casa niente da recuperare, il borgo marina era irriconoscibile, le case dei marinai che erano in fila sul porto, a cominciare da via dei Mille fino alla Capitaneria di Porto, furono quasi rase al suolo o dunque inabitabili. Il bombardamento del 27 novembre avvilì i riminesi che incominciarono ad uscire dalla città con i loro carretti per salvare quelle poche masserizie che avevano potuto recuperare, cercando rifugi nella campagna. Qualcuno si fermò in periferia, i più paurosi andarono più lontano. … La mia vita è stata sempre così, girare, andare qua e là, andare a trovare gli ammalati, andare al cimitero per riconoscere le salme che per le autorità era quasi impossibile riconoscere, perché si deformavano. Per esempio, ho fatto fatica anch’io a riconoscere la moglie del Rag. Salvoni, perché il bombardamento deformava il corpo umano, anche se non lo colpiva e non lo feriva, lo gonfiava in un modo! Gente che per la strada avrei riconosciuto subito e le autorità avevano bisogno di me perché non li si poteva seppellire senza prima stabilire chi era e mi chiamavano. Sapevano che a Rimini conoscevo tanta gente, per questo sono stato chiamato a questo pietoso servizio.”