Via Montefeltro
Il Comandante Alessandro Cecchi nell’agosto del 1944 ancora non era informato e chiedeva notizie della propria famiglia al partigiano Gianni Quondamatteo che era finito in un ospedale a Taranto a causa di delle ferite riportate durante la sua fuga da un rastrellamento tedesco.
Alberto Sirocchi ci riferisce: “Gianni sapeva che diversi famigliari erano morti durante un bombardamento che aveva colpito in pieno il rifugio, ma non ebbe il coraggio di dirgli la verità”. Otto mesi prima, durante il bombardamento del 28 dicembre 1943 in via Montefeltro, la cantina di villa Cecchi, trasformata in rifugio, era diventata la tomba di 29 persone.
Condotta con 21 aerei “B-24” e 105 aerei “B-17”, accompagnati da caccia “P-38”, l’incursione aerea di quel giorno riversò su Rimini oltre 306 tonnellate di bombe ad alto potenziale, con un bombardamento “a tappeto” da 6000 metri di quota. Contrastati delle batterie antiaeree, i velivoli dispersero il loro carico colpendo aree molto lontane fra loro: singole bombe caddero a Spadarolo, San Martino in Riparotta, Viserba e Igea Marina. Nathaniel G. Raley, pilota di un “P-38” di scorta quel giorno, scrive: “Io mi ritirai ad un lato della formazione dei bombardieri allorché essi sganciarono le bombe. Ricordo che guardando le bombe che colpivano il suolo pensai alle persone che erano uccise da esse. La guerra è una gran brutta cosa”.